BIO
Giulia Dall’Olio
(Bologna, 1983)
Vive e lavora a Bologna.
Giulia Dall’Olio si dedica a un disegno intimo e meticoloso centrato sul tema della natura e dell’intervento umano su di essa.
Per quanto dettagliato sia il suo ritratto naturale, lo spunto non è mai una fotografia, ma un ricordo emotivo di vissuto personale.
Chi guarda i suoi disegni è portato a perdersi nel segno tra luci e ombre. Dall’Olio interviene su una base scura a carboncino, operando cancellature cliniche con le più diverse tipologie di gomme, più o meno morbide, che l’artista intaglia, a seconda del tipo di natura che vuole restituire. Il suo lavoro rende idealmente frammenti di natura che l’uomo, nel suo costante intervento sull’ambiente, ha letteralmente cancellato.
Milano Drawing Week
Giulia Dall’Olio risponde alle domande di
Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della Collezione Ramo
Dai una definizione di cos’è il disegno per te.
Questa è una bella domanda, si dovrebbe rispondere al termine di una vita passata a disegnare, poiché il praticarlo quotidianamente porta ad una mutazione continua di visione e di segno. Al momento è un viaggio nelle sfumature del nero, nella bellezza, nella semplicità, nella velocità, nella riflessione e nell’istintività, nella scomposizione e ricomposizione del segno e del pensiero che lo accompagna. Quando parliamo di disegno, per me, parliamo di grafite o carboncino su carta, parliamo di qualcosa che è sempre in evoluzione e che, a differenza della pittura, è modificabile in qualsiasi momento. Questa disciplina ha ancora tanto da dire e può sempre essere approfondita. Ai miei occhi un disegno non è mai finito.
Quali tecniche e processi creativi utilizzi quando lavori su carta?
Il mio processo creativo nasce dall’osservazione degli elementi naturali e del paesaggio mentre cammino, corro o mi immergo. Fotografo con gli occhi e con la mente ciò che mi circonda concentrandomi sull’insieme, sulle emozioni e sulle inevitabili interferenze umane. Al rientro in studio, attraverso l’utilizzo del carboncino e della gomma, riporto sulla carta le tracce di quanto memorizzato, segni che riconducono a parti di natura. Ricerco un equilibrio tra il mio agire che si fa metafora dell’essere umano e la bellezza di ciò che non è artificiale, un equilibrio tra una linea e una foglia.
Perché hai scelto quest’opera della Collezione Ramo?
Il disegno è bellissimo e ho sempre amato molto il lavoro di Emilio Scanavino, lo trovo di una forza e di una coerenza che in pochi ritrovo. Mi riconosco nell’alternanza tra il bianco e il nero, il pieno e il vuoto, il suo ripetere allo sfinimento e ossessivamente un segno che diventa la grammatica del suo fare, diventa parte di lui e lui diventa parte di quel segno.
Che valore ha per te il dialogo con il disegno moderno?
Enorme, perché ci si accorge che il disegno non ha età. Le distanze temporali avvertite in pittura si annullano. Ci sono disegni moderni che risultano di una contemporaneità stupefacente.